Si capisce che un tal modo di scrivere e declamare la storia è nato per ragioni pratiche, di propaganda: ma perché si continua ancora in tale tradizione? Oggi questa presentazione della storia d’Italia è doppiamente antistorica: 1) perché è in contraddizione con la realtà; 2) perché impedisce di valutare adeguatamente lo sforzo compiuto dagli uomini del Risorgimento, sminuendone la figura e l’originalità, sforzo che non fu solo verso i nemici esterni, ma specialmente contro le forze interne conservatrici che si opponevano all’unificazione.
Per comprendere le ragioni «pedagogiche» di questa forma di storia, anche in questo caso può servire il paragone con la situazione francese nello stesso tempo in cui si attuò il Risorgimento. Napoleone si chiamò imperatore dei Francesi e non della Francia, e cosí Luigi Filippo, re dei Francesi. La denominazione ha un carattere nazionale-popolare profondo, e significa un taglio netto con l’epoca dello stato patrimoniale, una maggiore importanza data agli uomini invece che al territorio. «Marianna» perciò in Francia può essere canzonata anche dai piú accesi patrioti, mentre in Italia mettere in caricatura la figura stilizzata dell’Italia significherebbe senz’altro essere antipatrioti come lo furono i sanfedisti e i gesuiti prima e dopo il 1870.
Una derivazione delle diverse «dottrine» sul Risorgimento italiano è quel certo particolare settarismo che caratterizza la mentalità italiana e che si manifesta in una certa mania di persecuzione, nel credersi sempre mal giudicati e malcontenti, nel credersi le vittime di congiure internazionali, nel credere di avere particolari diritti storici misconosciuti e calpestati, ecc.
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