Il «morale» dell’esercito decadde. La polemica sulla fatal Novara è tutta qui. A Novara l’esercito non volle combattere, perciò fu sconfitto. I destri accusarono i democratici di aver portato la politica nell’esercito e d’averlo disgregato: accusa inetta, perché il costituzionalismo appunto «nazionalizzava» l’esercito, ne faceva un elemento della politica generale e con ciò lo rafforzava militarmente. Tanto piú inetta l’accusa, in quanto l’esercito si accorge di un mutamento di direzione politica, senza bisogno di «disgregatori», da una molteplicità di piccoli cambiamenti, ognuno dei quali può parere insignificante e trascurabile, ma che nell’insieme formano una nuova atmosfera asfissiante. Responsabili della disgregazione sono pertanto quelli che hanno mutato la direzione politica, senza prevederne le conseguenze militari, hanno cioè sostituito una cattiva politica a quella precedente che era buona, perché conforme al fine. L’esercito è anche uno «strumento» per un fine determinato, ma esso è costituito di uomini pensanti e non di automi che si possono impiegare nei limiti della loro coesione meccanica e fisica. Se si può e si deve, anche in questo caso, parlare di opportuno e di conforme al fine, occorre però includere anche la distinzione: secondo la natura dello strumento dato. Se si batte un chiodo con una mazza di legno con lo stesso vigore con cui si batterebbe con un martello d’acciaio, il chiodo penetra nella mazza invece che nella parete. La direzione politica giusta è necessaria anche con un esercito di mercenari professionisti (anche nelle compagnie di ventura c’era un minimo di direzione politica oltre a quella tecnico-militare); tanto piú è necessaria con un esercito nazionale di leva.
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Novara Novara
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