Cosí lo strato sociale che avrebbe potuto organizzare l’endemico malcontento meridionale, diventava invece uno strumento della politica settentrionale, un suo accessorio di polizia privata. Il malcontento non riusciva, per mancanza di direzione, ad assumere una forma politica normale e le sue manifestazioni, esprimendosi solo in modo caotico e tumultuario, venivano presentate come «sfera di polizia» giudiziaria. In realtà a questa forma di corruzione aderivano sia pure passivamente e indirettamente uomini come il Croce e il Fortunato per la concezione feticistica dell’«unità» (cfr. episodio Fortunato-Salvemini a proposito dell’«Unità», raccontato dal Prezzolini nella prima edizione della Cultura italiana).
Non bisogna dimenticare il fattore politico-morale della campagna di intimidazione che si faceva contro ogni anche obiettivissima constatazione di motivi di contrasto tra Nord e Sud. È da ricordare la conclusione dell’inchiesta Pais-Serra sulla Sardegna, dopo la crisi commerciale del decennio ’90-900, e l’accusa già ricordata, mossa da Crispi ai fasci siciliani di essere venduti agli inglesi. Specialmente tra gli intellettuali siciliani esisteva questa forma di esasperazione unitaria (conseguenza della formidabile pressione contadina sulla terra signorile e della popolarità regionale di Crispi) che si è manifestata anche di recente nell’attacco del Natoli contro il Croce per un accenno innocuo al separatismo siciliano dal Regno di Napoli (cfr. risposta del Croce nella «Critica»).
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