Questo fatto è della massima importanza per il concetto di «rivoluzione passiva», che cioè non un gruppo sociale sia il dirigente di altri gruppi, ma che uno Stato, sia pure limitato come potenza, sia il «dirigente» del gruppo che esso dovrebbe essere dirigente, e possa porre a disposizione di questo un esercito e una forza politico-diplomatica. Si può riferirsi a quella che è stata chiamata la funzione del «Piemonte» nel linguaggio politico-storico internazionale. La Serbia prima della guerra si atteggiava a «Piemonte» dei Balcani. (Del resto la Francia, dopo il 1789 e per molti anni, fino al colpo di Stato di Luigi Napoleone fu in questo senso, il Piemonte dell’Europa). Che la Serbia non sia riuscita come è riuscito il Piemonte è dovuto al fatto che nel dopoguerra si è avuto un risveglio politico dei contadini quale non esisteva dopo il 1848. Se si studia da vicino ciò che avviene nel regno jugoslavo, si vede che in esso le forze «serbiste» o favorevoli all’egemonia serba, sono le forze contrarie alla riforma agraria. Troviamo un blocco rurale-intellettuale antiserbo, e le forze conservatrici favorevoli alla Serbia sia in Croazia che nelle altre regioni non serbe. Anche in questo caso non esistono nuclei locali «dirigenti», ma diretti dalla forza serba, mentre le forze sovvertitrici non hanno, come funzione sociale, una grande importanza. Per chi osserva superficialmente le cose serbe, sarebbe da domandare cosa sarebbe avvenuto se il cosí detto brigantaggio che si ebbe nel Napoletano e in Sicilia dal ’60 al ’70 si fosse avuto dopo il 1919. Indubbiamente il fenomeno è lo stesso, ma il peso sociale e l’esperienza politica delle masse contadine è ben diverso dopo il 1919, da quelli che erano dopo il 1848.
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