Le previsioni di quel saggio (!) uomo si avverarono. La battaglia di Novara fu perduta per la causa dell’indipendenza e guadagnata per la libertà del Piemonte. E Carlo Alberto fece, secondo me, il sacrifizio della sua corona piú a questa che a quella» (cfr. Silvio Spaventa, Dal 1848 al 1861. Lettere, scritti, documenti, pubblicati da B. Croce, 2ª ed., Laterza, p. 58, nota). È da domandare se si avverarono le «previsioni», o se fu preparata la sconfitta da uomini tanto saggi quanto il D’Azeglio.
In un articolo pubblicato nel «Corriere della Sera» del 14 maggio 1934 (Onoranze americane a Filippo Caronti), Antonio Monti riporta dalle Memorie del Caronti (inedite e possedute dal Museo del Risorgimento di Milano) questi due episodi: il Caronti, dopo aver vinto gli Austriaci a Como nel 1848, formò una compagnia di volontari e andò a Torino per avere le armi. Il ministro Balbo gli dette questa risposta che il Monti dice «stupefacente»: «È inutile ormai l’armarsi, giacché un esercito regolare e forte debellerà il nemico. Volete forse servirvi delle armi fra voi onde le discordie fra Comaschi e Milanesi risorgano a danno del buon esito della causa italiana?» (Non è inutile ricordare che poco prima della guerra del ’48 il Piemonte si era sguarnito di armi per inviarle in Isvizzera ai cattolici reazionari insorti del Sonderbund). Sulla «preparazione» della sconfitta di Novara il Caronti narra che mentre si preparava febbrilmente una ripresa della lotta armata a Como e si organizzavano volontari, giunse la notizia dell’armistizio concluso dopo Novara dal generale Chrzanowsky (il Monti scrive Czarnowsky). Il Caronti affrontò il generale che disse: «Nous avons conclu un armistice honorable.
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