Il libro in cui il Balbo sostenne la sua tesi, Le Speranze d’Italia, fu pubblicato nel 1844 e la tesi stessa non ebbe altra efficacia se non quella di far conoscere la quistione orientale attirando l’attenzione su di essa, e quindi di facilitare (forse) la politica di Cavour a proposito della guerra di Crimea. Non ebbe nessuna efficacia nel ’59 (quando il Piemonte e la Francia pensarono di suscitare nemici all’Austria nei Balcani per illanguidirne le forze militari) perché una tale azione fu circoscritta, di poco respiro e in ogni caso si ridusse a un episodio di organizzazione dell’attività militare franco-piemontese: lo stesso si dica per il 1866, quando una simile diversione fu pensata dal governo italiano e da Bismark per la guerra contro l’Austria. Cercare, in tempo di guerra, di indebolire il nemico suscitandogli nemici all’interno e su tutto il perimetro dei confini politico-militari non è elemento di un piano politico per l’Oriente ma fatto di ordinaria amministrazione della condotta bellica. Del resto, dopo il ’60 e la formazione di uno Stato italiano di notevole importanza, l’inorientamento dell’Austria aveva un ben diverso significato internazionale e trovava consenzienti tanto l’Inghilterra che la Francia.
Qualche pubblicazione recente si è occupata dei progetti borbonici, rimasti progetti, di espansione in Oriente, per trarne argomento di riabilitazione del governo napoletano; tali progetti saranno stati visti volentieri dalla Russia e impediti dall’Inghilterra, che sulla quistione di Malta fu intrattabile verso Napoli.
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