Luzio e la storiografia tendenziosa e faziosa dei moderati.
[1)] È da porre in rilievo come il modo di scrivere la storia del Risorgimento di A. Luzio è stato spesso lodato dai gesuiti della «Civiltà Cattolica». Non sempre, ma piú spesso di quanto si crede, l’accordo tra il Luzio e i gesuiti è possibile. Cfr. nella «Civiltà Cattolica» del 4 agosto 1928 le pp. 216-217 dell’articolo Processo politico e condanna dell’abate Gioberti nell’anno 1833. Il Luzio deve difendere la politica di Carlo Alberto (nel libro Mazzini carbonaro, p. 498) e non esita a giudicare aspramente l’atteggiamento del Gioberti nel processo per i fatti del ’31, d’accordo coi gesuiti. È da rilevare come dagli articoli pubblicati dalla «Civiltà Cattolica» nel 1928 sul processo di Gioberti risulta dai documenti vaticani che il Papa aveva già dato preventivamente, in forma loiolesca, il suo placet alla condanna capitale e all’esecuzione del Gioberti, mentre nel 1821, per esempio, la condanna a morte di un ecclesiastico in Piemonte era stata trasformata nell’ergastolo per l’intervento vaticano.
2) Sulla letteratura «storica» del Luzio riguardante i processi del Risorgimento sono da fare parecchi rilievi di ordine politico-fazioso, di metodo e di mentalità. Troppo spesso il Luzio (per ciò che riguarda gli arrestati dei partiti democratici) pare che rimproveri gli imputati di non essersi fatti condannare e impiccare. Anche da un punto di vista giuridico o giudiziario, il Luzio imposta le quistioni in modo falso e tendenzioso, ponendosi dal punto di vista del «giudice» e non da quello degli imputati: quindi i suoi tentativi (inetti e stolti) di «riabilitare» i giudici reazionari, come il Salvotti.
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