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      Dall’elenco degli «ufficiali, venturieri e militi» distinti secondo le nazionalità e, «per quanto riguarda l’Italia» anche secondo le regioni e le città di origine il Salimei deduce che non c’è parte della penisola e delle isole, dalle Alpi alla Calabria, compresa la Dalmazia e le isole di dominio veneto, dalla Sicilia alla Sardegna alla Corsica a Malta, che non vi partecipi. Questa ricerca è molto interessante e potrebbe essere analizzata opportunamente. Il Salimei la inquadra in una cornice retorica, perché si serve di concetti moderni per fatti non omogenei. Rivendica il carattere «nazionale» di Lepanto, che è attribuito di solito alla cristianità (cioè al Papa) con prevalenza alla Spagna e afferma che a Lepanto per l’ultima volta gli italiani, anzi tutti gli italiani, «combatterono per una causa che non fosse quella degli stranieri» e che «con Lepanto si chiude l’èra della nostra efficienza navale e militare come popolo italiano, fino al 1848». Sarebbe da vedere, a questo proposito, perché nacquero le controversie tra Venezia e Spagna per dividersi le spese, e sotto quali bandiere erano arruolati i soldati che avevano origine da paesi italiani.
      Sulla lega di Lepanto cfr.: A. Dragonetti De Torres, La lega di Lepanto nel carteggio diplomatico di don Luys de Torres nunzio straordinario di S. S. Pio V a Filippo II, Torino, Bocca, 1931. Dalla preparazione diplomatica della Lega dovrebbe apparire piú concretamente il carattere dell’impresa.
     
      La Romagna e la sua funzione nella storia italiana.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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