L’accenno del Cavina all’«effettivo pensiero universale» è uno spunto interessante, se precisato e svolto nel senso che io ho fatto in altre note. Cioè, l’Italia, per la sua funzione «cosmopolita» durante il periodo dell’Impero Romano e durante il Medio Evo subí passivamente i rapporti internazionali; cioè nello sviluppo della sua storia i rapporti internazionali prevalsero sui rapporti nazionali. Ma il Papato appunto è l’espressione di questo fatto; dato il carattere duplice del regno papale, di essere sede di una monarchia spirituale universale e di un principato temporale, è certo che la sua potenza terrena doveva essere limitata (il Machiavelli vide benissimo ciò, come si rileva dal III capitolo del Principe e da ciò che egli riporta d’aver detto al cardinale di Roano; il Roano, al tempo in cui il Valentino veniva occupando la Romagna, gli aveva detto che gli italiani non si intendevano di guerra, ed egli rispose, che i francesi non si intendevano di Stato - di politica - «perché se sen’intendessino, non lascerebbano venire la Chiesa in tanta grandezza», ecc. ecc.). È certo che, se la Chiesa avesse avuto come principato terreno tutta la penisola, l’indipendenza degli Stati europei avrebbe corso serio pericolo: il potere spirituale può essere rispettato finché non rappresenta una egemonia politica e tutto il Medio Evo è pieno delle lotte contro il potere politico del Papa.
È vero dunque che negli italiani la tradizione dell’universalità romana e medioevale impedí lo sviluppo delle forze nazionali (borghesi) oltre il campo puramente economico-municipale, cioè le «forze» nazionali non divennero «forza» nazionale che dopo la Rivoluzione francese e la nuova posizione che il papato ebbe ad occupare in Europa, posizione irrimediabilmente subordinata, perché limitata e contesa nel campo spirituale dal laicismo trionfante.
| |
Cavina Italia Impero Romano Medio Evo Papato Machiavelli Principe Roano Roano Valentino Romagna Stato Chiesa Chiesa Stati Medio Evo Papa Rivoluzione Europa
|