-) alla rivoluzione: constatiamo invece quanto fosse utile e indispensabile il loro appoggio, se non altro (!) a mostrare (!) all’estero che i terribili rivoluzionari erano rappresentati da uomini della migliore società, i quali avrebbero avuto tutto da perdere e nulla da guadagnare da una rivoluzione, quando essa non fosse riuscita seria e promettitrice di migliore avvenire». Migliore per chi? e come? Il Puccioni diventa spassoso, ma è spassoso che egli sia invitato a dire tali cose e che le sue proposizioni e il suo modo di pensare siano applauditi.
Politica e diplomazia. Cavour. (Cfr. nota a p. 38 bis su Machiavelli e Guicciardini). Aneddoto riportato da Ferdinando Martini in Confessioni e Ricordi, 1859-1892 (ed. Treves, 1928), pp. 150-51: per Crispi, il Cavour non doveva essere considerato come un elemento di prima linea nella storia del Risorgimento, ma solo Vittorio Emanuele, Garibaldi e Mazzini. «Il Cavour? Che cosa fece il Cavour? Niente altro che diplomatizzare la rivoluzione...». Il Martini annota: «Non osai dirlo, ma pensai: E scusate se è poco!» Mi pare che il Crispi e il Martini seguano due ordini diversi di pensieri. Il Crispi intende riferirsi agli elementi attivi, ai «creatori» del movimento nazionale-rivoluzione, cioè ai politici propriamente detti. Pertanto la diplomazia è per lui attività subalterna e subordinata: il diplomatico non crea nuovi nessi storici, ma lavora a far sanzionare quelli che il politico ha creato: Talleyrand non può essere paragonato con Napoleone.
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