La debolezza di Crispi fu appunto di legarsi strettamente al gruppo settentrionale, subendone il ricatto e di avere sistematicamente sacrificato il Meridione, cioè i contadini, cioè di non aver osato, come i giacobini osarono, di posporre agli interessi corporativi del piccolo gruppo dirigente immediato, gli interessi storici della classe futura, risvegliandone le energie latenti con una riforma agraria. Anche il Crispi è un termidoriano preventivo, cioè un termidoriano che non prende il potere quando le forze latenti sono state messe in movimento, ma prende il potere per impedire che tali forze si scatenino: un «fogliante» era nella Rivoluzione francese un termidoriano in anticipo, ecc.
Sarà da ricercare attentamente se nel periodo del Risorgimento sia apparso almeno qualche accenno di un programma in cui l’unità della struttura economico-sociale italiana sia stata vista in questo modo concreto: ho l’impressione che stringi, stringi, il solo Cavour ebbe una concezione di tal genere, cioè nel quadro della politica nazionale, pose le classi agrarie meridionali come fattore primario, classi agrarie e non contadini naturalmente, cioè blocco agrario diretto da grandi proprietari e grandi intellettuali. Sarà bene da studiare perciò il volume speciale dei carteggi cavourriani dedicato alla «Quistione meridionale». (Altro da studiare a questo riguardo: Giuseppe Ferrari, prima e dopo il ’60: dopo il ’60 i discorsi parlamentari sui fatti del Mezzogiorno).
Cavour. Cosa significa nel libro di Alberto Cappa sul Cavour l’insistere continuamente nell’affermare che la politica del Cavour rappresenta il «giusto mezzo»? Perché «giusto»? Forse perché ha trionfato?
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