Luzio, Il milione di fucili e la spedizione dei Mille nella «Lettura» dell’aprile 1910 e la letteratura su Garibaldi in generale: come Garibaldi giudicò il D’Azeglio? Cfr. le Memorie). Poiché il D’Azeglio, in altre occasioni non fu cosí attaccato alla «lealtà», il suo atteggiamento deve essere spiegato con l’avversione cieca e settaria al Partito d’Azione e a Garibaldi. L’atteggiamento del D’Azeglio spiega la politica pavida e ondeggiante di Cavour nel ’60: D’Azeglio era un Cavour meno intelligente e meno uomo di Stato, ma politicamente si rassomigliavano: non si trattava tanto per loro di unificare l’Italia, quanto di impedire che operassero i democratici.
Il 1849 a Firenze. Nella «Rassegna Nazionale» (riportato dal «Marzocco» del 21 febbraio 1932), Aldo Romano pubblica una lettera di Ruggero Bonghi e una di Cirillo Monzani scritte a Silvio Spaventa nel 1849 da Firenze, durante il periodo della dittatura Guerrazzi-Montanelli, lettere che sono interessanti per giudicare quale fosse l’atteggiamento dei moderati verso la fase democratica del moto rivoluzionario del ’48-49. Colpisce il fatto come questi due moderati si mostrino estranei agli avvenimenti, spettatori incuriositi ma malevoli e non attori interessati. Ecco un brano del Bonghi, scritto quindici giorni dopo la fuga del granduca: «La fazione repubblicana intende a rizzare dovunque quell’albero con cosí poco concorso rizzato a Firenze, insino dalla sera che si seppe il proclama di De Laugier, e mediante l’opera di alcuni livornesi fatti venire a bella posta.
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