I Borboni erano troppo angusti di mente per servirsene contro i liberali, facendole pubblicare e commentare dai loro pennaioli (odiavano troppo i pennaioli per averne al proprio servizio), si limitarono a passarle agli atti del processo Spaventa. (Tutta la spiritosaggine del Bonghi è concentrata in quel continuo ripetere «rizzare» e «rizzamento» alla napoletana!).
[Stato e Chiesa.] Polemica tra B. Spaventa e il Padre Taparelli della «Civiltà Cattolica» sui rapporti tra Stato e Chiesa. È da confrontare la raccolta degli scritti dello Spaventa fatta da G. Gentile: La politica dei Gesuiti nel secolo XVI e nel XIX, ediz. Albrighi e Segati, 1911. È da notare anche la prefazione del Gentile, che deve essere messa in rapporto con gli atteggiamenti del Gentile stesso a proposito del Concordato.
A proposito dei rapporti tra Stato e Chiesa è da vedere l’atteggiamento del gruppo del «Saggiatore» (nel febbraio 1933 un articolo in proposito al quale si accenna nella «Critica Fascista» del 1° maggio). La formula della religione «affare privato» è di origine liberale e non propria della filosofia della praxis, come crede il collaboratore di «Critica». Evidentemente è una formula politica immediata, che può essere fatta propria come formula di compromesso, in quanto non si vuole scatenare una guerra religiosa, né ricorrere alla forza materiale, ecc. Dalla polemica dello Spaventa appare che neanche per i liberali la religione è un affare privato in senso assoluto, ma liberalismo ha sempre piú significato un metodo di governo e sempre meno una concezione del mondo e pertanto è nata la formula come formula «permanente».
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