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      Volontari e intervento popolare. Nel numero del 24 maggio di «Gioventú Fascista» (riportato dal «Corriere della sera» del 21 maggio 1932), è pubblicato questo messaggio dell’on. Balbo: «Le creazioni originali della storia e della civiltà italiana, dal giorno in cui risorse dal letargo secolare ad oggi, sono dovute al volontariato della giovinezza. La santa canaglia di Garibaldi, l’eroico interventismo del ’15, le Camicie Nere della Rivoluzione fascista hanno dato unità e potenza all’Italia, hanno fatto, di un popolo disperso, una nazione. Alle generazioni che oggi si affacciano alla vita sotto il segno del Littorio, il compito di dare al secolo nuovo il nome di Roma». L’affermazione che l’Italia moderna è stata caratterizzata dal volontariato è giusta (si può aggiungere l’arditismo di guerra), ma occorre notare che il volontariato, pur nel suo pregio storico, che non può essere diminuito, è stato un surrogato dell’intervento popolare, e in questo senso è una soluzione di compromesso con la passività delle grandi masse. Volontariato-passività vanno insieme piú di quanto si creda. La soluzione col volontariato è una soluzione di autorità, dall’alto, legittimata formalmente dal consenso, come suol dirsi, dei «migliori». Ma per costruire storia duratura non bastano i «migliori», occorrono le piú vaste e numerose energie nazionali-popolari.
     
      L’Italia e il carciofo. L’immagine dell’Italia come di un carciofo, le cui foglie si mangiano ad una ad una, viene attribuita a parecchi principi italiani, non solo della casa Savoia.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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