Ciò sia detto senza togliere nulla alla valutazione dei loro patimenti. Di fatto essi «potevano studiare», ma alcuni lo fecero (Settembrini per es.), altri no (Nicotera per es.) e quindi la ragione addotta dal Martini, per non essere universale, non è valida. La ragione deve essere ricercata altrove, e cioè nella scarsa coscienza di classe rivoluzionaria di molti di quegli uomini e dei doveri che spettavano a ogni elemento di tale classe; cioè scarsa passione politica da non confondersi col fanatismo e settarismo, che invece abbondavano.
Su Vittorio Emanuele II, il Martini racconta a pp. 152-153 questo aneddoto riferitogli da Quintino Sella: nell’ottobre 1870 Vittorio Emanuele ricevette a Palazzo Pitti la deputazione romana che gli portava il plebiscito di Roma. Presenti Lanza e Sella. Il Sella gli disse: «Vostra Maestà deve essere oggi molto lieta». Vittorio Emanuele rispose: «Ca staga ciutu; am resta nen aut che tireme un coulp de revolver; per l’on c’am resta da vive ai sarà pi nen da piè». Perciò il Sella chiamava Vittorio Emanuele «l’ultimo dei conquistatori».
T. Tittoni, Ricordi personali di politica interna, «Nuova Antologia», 1°aprile-16 aprile 1929. Il Tittoni ha scritto queste sue memorie subito dopo la conciliazione, per dimostrare come questo evento abbia corrisposto a tutta l’attività politica della sua carriera di liberale moderato, ossia di conservatore clericale. L’interesse dei Ricordi è tutto qui, si può dire: nel cercare di ricostruire la storia italiana dal ’70 ad oggi come una lotta tra conservatori clericali e democrazia o demagogia, per il ripristino dell’influsso clericale nella vita del paese, ponendo pertanto in luce l’attività della corrente conservatrice in quanto rappresentata da Tittoni.
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