Nel 1879 pubblica I conservatori e la evoluzione naturale dei partiti politici in Italia. Immagina l’equilibrio politico cosí: Estrema Sinistra, repubblicani; Estrema Destra, clericali intransigenti (egli pensava a un prossimo abbandono dell’astensionismo); nel mezzo, due partiti di governo, uno decisamente conservatore nazionale, l’altro liberale-monarchico progressivo.
Contro Crispi e la megalomania politica. (Emanuele Greppi, Gaetano Negri, Giuseppe Colombo accettavano il suo pensiero: moderati lombardi). Lo Jacini offre un esemplare compiuto di una classe, gli agrari settentrionali: la sua attività politica e letteraria è interessante perché da essa hanno tratto spunto e motivi movimenti posteriori (Partito Popolare, ecc.). (Contrario nel ’71 al trasferimento della capitale a Roma).
[La grande industria.] Cfr. articolo di Salvatore Valitutti, La grande industria in Italia, nella «Educazione Fascista» del febbraio 1933, scritto per accenni e rapide allusioni, ma abbastanza interessante e da rivedere all’occasione.
Non è però esatto porre la quistione cosí: «Era vero che l’economia dell’Italia meridionale era agricola, feudale, e che quella della restante Italia era piú industriale e moderna». Nell’Italia meridionale c’era e c’è una determinata attività agricola e il protezionismo agrario giovò piú al Nord che al Sud, perché fu protezione sui cereali, di cui il Nord era grande produttore (relativamente piú del Sud). La differenza tra Nord e Sud era anche e specialmente nella composizione sociale, nella diversa posizione delle masse contadine, che nel Sud dovevano mantenere col loro lavoro una troppo grande quantità di popolazione passiva economicamente, di redditieri, ecc.
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