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      Alcune note generali sullo sviluppo storico dei gruppi sociali subalterni nel Medio Evo e a Roma. Nel saggio di Ettore Ciccotti Elementi di «verità» e di «certezza» nella tradizione storica romana (contenuto nel volume Confronti storici), ci sono alcuni accenni allo sviluppo storico delle classi popolari nei Comuni italiani, specialmente degni di attenzione e di trattazione separata. Le guerre reciproche fra i Comuni, e quindi la necessità di reclutare una piú vigorosa e abbondante forza militare col lasciare armare il maggior numero, davano la coscienza della loro forza ai popolani e nello stesso tempo ne rinsaldavano le file (cioè funzionarono da eccitanti alla formazione compatta e solidale di gruppo e di partito). I combattenti rimanevano uniti anche in pace, sia per il servizio da prestare, sia, in prosieguo, con crescente solidarietà, per fini di utilità particolare. Si hanno gli statuti delle «Società d’armi», che si costituirono a Bologna, come sembra, verso il 1230 ed emerge il carattere della loro unione e il loro modo di costituzione. Verso la metà del secolo XIII le società erano già ventiquattro, distribuite a seconda della contrada ove abitavano (i componenti). Oltre al loro ufficio politico di difesa esterna del Comune, avevano il fine di assicurare a ciascun popolano la tutela necessaria contro le aggressioni dei nobili e dei potenti. I capitoli dei loro statuti - per esempio della Società detta dei Leoni - hanno in rubrica titoli come: «De adiutorio dando hominibus dicte societatis.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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