Cosí è della concezione delle élites di intellettuali senza massa, ma non degli intellettuali che si sentono legati organicamente a una massa nazionale-popolare. In realtà, si lotta contro queste degenerazioni di falsi eroismi e di pseudo-aristocrazie, stimolando la formazione di blocchi sociali omogenei e compatti, che esprimono un gruppo di intellettuali, di arditi, un’avanguardia loro propria, che reagiscono nel loro blocco per svilupparlo e non solo per perpetuare il loro dominio zingaresco. La bohème parigina del romanticismo è stata anch’essa alle origini intellettuali di molti modi di pensare odierni che pure pare deridano quei bohémiens.
[Messianismo.] Cfr. l’articolo di Armando Cavalli, Correnti messianiche dopo il ’70, «Nuova Antologia» del 16 novembre 1930. Il Cavalli si è occupato anche altre volte di argomenti simili (vedere i suoi articoli nelle riviste di Gobetti, «Rivoluzione Liberale» e «Baretti», e altrove), sebbene con molta superficialità. In questo articolo accenna a Davide Lazzaretti, alle Bande di Benevento, ai movimenti repubblicani (Barsanti) e internazionalisti in Romagna e nel Mezzogiorno. Chiamare «correnti messianiche» è esagerato, perché si tratta di fatti singoli e isolati, che dimostrano piú la «passività» delle grandi masse rurali che non una loro vibrazione per sentirsi attraversate da «correnti». Cosí il Cavalli esagera l’importanza di certe affermazioni «protestantiche» o «riformatrici in generale» della religione che si verificano non solo dopo il ’70, ma anche prima, da parte di R. Bonghi e altri liberali (è noto che la «Perseveranza» prima del ’70 credeva di far pressione sul Papato con queste minacce di una adesione italiana al protestantesimo) e il suo errore è mostruoso quando pare che voglia porre sullo stesso piano queste affermazioni riformatrici e Davide Lazzaretti.
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