.. l’amore universale al posto dell’atavismo belluino e bellicoso». Italiani e tedeschi sarebbero diventati agnelli, mentre francesi e russi sarebbero rimasti leoni e tigri, ecc.
«Ma il Marxismo parlerà prima dello squillo. Che dirà? Sentiremo. Saranno, credo, parole degne del gran momento. Serviranno, spero, a rimediare ai danni che involontariamente esso ha recato o è per recare alle nazioni che l’hanno accolto. Faranno, anzi, come da nuovo fermento ideale, che valga a compensare l’impeto bestiale, negli animi nostri. Oh! specialmente l’Italia lo merita! Non è essa la nazione povera, il proletario tra i popoli? Per l’Italia ci dica una parola animosa. Dove non è la traccia ciclopica del lavoro italiano? Quali ferrovie non furono costruite e quali monti non furono forati e quali istmi non furono aperti, nella massima parte, da braccia italiane? E il loro lavoro non arricchí né loro né la loro nazione, poiché era al servizio del capitale straniero. Noi abbiamo esportato ed esportiamo lavoratori: importammo ed importiamo capitalisti. Fuori e dentro noi arricchiamo gli altri, rimanendo poveri noi. E quelli, che arricchimmo, ci spregiano e ci chiamano pitocchi. Io non so dar ragione di questo fatto, ma cosí è. So però che nel fatto non è peccato nostro d’indolenza o d’altro. Come si può chiamare indolente il popolo piú faticante e industrioso e parco del mondo? Io dico che è una ingiustizia». Attacca la Francia, «la sorella padrona» e conclude: «O patria grande di lavoratori e d’eroi! poiché lo vogliono, poiché anche la tua povertà fa ombra e la tua umiltà fa dispetto, accetta, quando che sia, la sfida, e combatti disperatamente».
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