(Contro la riforma agraria, naturalmente).
Il Toscanelli, nel suo articolo, aveva accennato molto cortesemente al fatto che nel 1917 il senatore Tanari aveva illustrato la formula «La terra ai contadini», per dire che essa non faceva piú paura a nessuno, se un noto conservatore come il Tanari e un Presidente del Consiglio (chi è stato? Orlando? o si riferisce a Nitti che diventò piú tardi presidente e allora era ministro del Tesoro?) la propugnavano e illustravano. Ma nel 1928 il Tanari si è fortemente adombrato e ha avuto paura che qualcuno credesse essere egli stato, in un qualsiasi momento, un Ravachol (sic) della proprietà.
Nella «Nuova Antologia» del 1° giugno 1928 è pubblicata una Lettera al direttore della «Nuova Antologia», in cui il Tanari si giustifica, cercando di spiegare e di attenuare il suo atteggiamento del 1917: «Tengo a dichiarare che in un articolo: La terra ai contadini? (con tanto di punto interrogativo), e successivamente in un mio studio pubblicato Sulla quistione agraria, non intesi illustrare proprio nulla! Ecco invece come stanno le cose. Ero piuttosto (sic) al corrente di ciò che si prometteva in trincea ai contadini, e quando mi accorsi che la divisione della terra diventava programma di dopoguerra (in corsivo dall’autore) mi pare fosse venuto il tempo di convogliarla nei suoi argini; onde difendere al possibile il principio di proprietà, che io ritenevo... (ecc. ecc.). In qual modo raggiungere questo intento? Erano tempi nei quali con il suffragio sempre piú allargato, con i Comuni presi d’assalto dal socialismo (nel 1917?!!), nei Consigli Comunali su dieci consiglieri vi erano forse due amministratori che pagavano tasse (tasse dirette, vuol dire, ma quelle indirette, tra cui il dazio sul grano a beneficio dei vari Tanari?
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