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      Noi italiani adoriamo Garibaldi; fin da piccoli ci hanno insegnato ad ammirarlo, il Carducci ci ha entusiasmato con la sua leggenda garibaldina: se si domandasse ai fanciulli italiani chi vorrebbero essere, la gran maggioranza certo sceglierebbe di essere il biondo eroe. Mi ricordo che a una dimostrazione per una commemorazione dell'indipendenza, un compagno mi disse: ma perché tutti gridano: «viva Garibaldi! e nessuno: viva il re?» ed io non seppi darne una spiegazione. Insomma, in Italia dai rossi ai verdi, ai gialli idolatrano Garibaldi, ma nessuno veramente ne sa apprezzare le alte idealità; e quando i marinai italiani sono mandati a Creta per abbassare la bandiera greca innalzata dagli insorti e rimettere la bandiera turca, nessuno levò un grido di protesta. Già: la colpa era dei candioti che volevano turbare l'equilibrio europeo. E nessuno degli italiani che in quello stesso giorno forse acclamavano l'eroe liberatore della Sicilia, pensò che Garibaldi se fosse stato vivo, avrebbe sostenuto anche l'urto di tutte le potenze europee, pur di fare acquistare la libertà a un popolo. E poi si protesta se qualcuno viene a dirci che siamo un popolo di rètori!
      E chi sa per quanto tempo ancora durerà questo contrasto. Il Carducci si domandava: «Quando il lavoro sarà lieto? Quando sicuro sarà l'amore?». Ma ancora si aspetta una risposta, e chi sa chi saprà darla. Molti dicono che ormai l'uomo tutto ciò che doveva conquistare nella libertà, e nella civiltà, l'abbia già fatto, e che ormai non gli resta che godere il frutto delle sue lotte.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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