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      Siamo maschi nei nostri dolori come lo siamo nelle nostre vendette. E perciò non possiamo prendervi sul serio, o eterni ipocriti, venditori di parole e di fumo umanitario.
      Riflettiamo leggendo il proclama che il duca d'Artois lanciò proprio da questa nostra Torino invocante una solidarietà di classe tra i coronati e i nobili dell'Europa per la vendetta del ghigliottinamento di Luigi XVI, che ora i bellicissimi legittimisti francesi vogliono beatificare avendo fallito a Valmy il tentativo di riscossa; rimaniamo rigidi dinanzi al vostro nuovo proclama che non ha ossatura ed è un mercato di parole. Non crediamo alla taumaturgia della bacchetta democratica e della giustizia assoluta. Rimaniamo rigidi nella coscienza del nostro accoramento e della impotenza dell'azione da parte vostra. Ma ricordiamo... Perché noi i nostri morti li vendichiamo col nostro sacrificio, col sangue del piú audace e coll'obolo del piú umile, e non facciamo vane ciance di giustizia e di diritto. E saremo noi che vendicheremo Miss Cavell, quando toglieremo la facoltà agli uni di violentare come agli altri d'ingannare i belgi e i serbi e i montenegrini, vasi d'argilla fra i massicci vasi di rame degli eserciti nazionali, e toglieremo anche la facoltà di massacrare gl'inermi contadini di Rocca Gorga e i dimostranti di Ancona con gli agenti della giustizia di classe.
      E in un giorno che ci proponiamo di non lunghissima attesa noi, proletariato internazionale, tedesco e belga, serbo e bulgaro, francese e italiano, inglese e russo, quando il giuoco delle forze storiche antagonistiche avrà ripreso il suo ritmo normale, faremo a nostro modo la commemorazione di Miss Cavell e dei sei milioni di nostri compagni che hanno insanguinato i campi della lotta infeconda.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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