«Sopprimere la lotta di classe, egli dice, val quanto sopprimere la guerra. Non è possibile. Entrambe sono vitali, l'una all'interno delle nazioni, l'altra fuori. Servono a muovere e rifornire di materiale umano fresco, classi, nazioni, il mondo.» Ma questo saccheggio delle idee marxistiche ai fini nazionalistici ha il torto di tutti gli adattamenti arbitrari; manca di una base storica, non poggia su nessuna esperienza tradizionale. Per cui dal punto di vista della logica formale i ragionamenti corradiniani non fanno grinza, ma perdono ogni valore quando vogliono diventare norma di vita, coscienza di un dovere. La storia non ha esempi di uno uguale a uno; questa uguaglianza è formula matematica, non constatazione di rapporto fra due realtà affermatesi nel passato o attuali. Tizio è uguale solo a se stesso, e volta a volta, anche; non Tizio bambino uguale a Tizio uomo adulto. E cosí la classe non è uguale alla nazione e quindi non può averne le stesse leggi. Tanto vero che dopo affermato il principio, lo stesso Corradini pone tali limitazioni che finisce, senza avvedersene, col fare rovinare tutta la sua costruzione. Egli afferma che bisogna insegnare al proletariato il massimo rispetto per la produzione.
E per produzione egli intende il capitalismo nazionale, cioè quel complesso di attività economiche, buone e cattive, naturali e fittizie, che in parte servono ad aumentare la ricchezza investita in macchine ed in aziende [una parola censurata] i socialisti vogliono socializzare lo sfruttamento, e in gran parte vivono ai danni del benessere generale e quindi specialmente di quello del proletariato.
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Tizio Tizio Corradini
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