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      Un proletario, anche se intelligente, anche se in possesso di tutti i numeri necessari per diventare un uomo di cultura, è costretto a sciupare le sue qualità in attività diversa, o a diventare un refrattario, un autodidatta, cioè (fatte le dovute eccezioni) un mezzo uomo, un uomo che non può dare tutto ciò che avrebbe potuto, se si fosse completato ed irrobustito nella disciplina della scuola. La cultura è un privilegio. La scuola è un privilegio. E non vogliamo che tale essa sia. Tutti i giovani dovrebbero essere uguali dinanzi alla cultura. Lo Stato non deve pagare coi denari di tutti la scuola anche per i mediocri e deficienti, figli dei benestanti, mentre ne esclude gli intelligenti e capaci, figlioli dei proletari. La scuola media e superiore deve essere fatta solo per quelli che sanno dimostrare di esserne degni. Se è interesse generale che essa esista, e sia magari sorretta e regolata dallo Stato, è anche interesse generale che ad essa possano accedere tutti gli intelligenti, qualunque sia la loro potenzialità economica. Il sacrifizio della collettività è giustificato solo quando esso va a beneficio di chi se lo merita. Il sacrifizio della collettività perciò deve servire specialmente a dare ai valenti quella indipendenza economica, che è necessaria per poter tranquillamente dedicare il proprio tempo allo studio e poter studiare seriamente.
      2. Il proletariato, che è escluso dalle scuole di cultura media e superiore per le attuali condizioni della società che determinano una certa specializzazione degli uomini, innaturale, perché non basata sulle diverse capacità, e quindi distruttrice ed inquinatrice della produzione, deve riversarsi nelle scuole collaterali: tecniche e professionali.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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