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      È la convinzione venutasi formando nel sempre maggior numero di cittadini che vennero attraverso queste lotte a partecipare all'attività pubblica, che nella libera manifestazione dei propri convincimenti, nel libero esplicarsi delle forze produttive e legislative del paese era il segreto della felicità. Della felicità, naturalmente, intesa nel senso che di tutto ciò che succede di male, non possa andare la colpa a singoli, e di tutto ciò che non riesce debba ricercarsi la ragione solo nel fatto che gli iniziatori non possedevano ancora la forza per affermare vittoriosamente il loro programma.
      Per l'Inghilterra il liberismo ha trovato, per citare un esempio, prima della guerra, il suo propugnatore teorico-pratico in Lloyd George, che, ministro di Stato, in un comizio pubblico, e sapendo che le sue parole acquistavano significato di programma di governo, dice press'a poco agli operai: «Noi non siamo socialisti, cioè non addiveniamo subito alla socializzazione della produzione. Ma non abbiamo pregiudiziali teoriche contro il socialismo. A ognuno il suo compito. Se la società attuale è ancora capitalistica, ciò vuol dire che il capitalismo è ancora una forza storicamente non esaurita. Voi socialisti dite che il socialismo è maturo. Provatelo. Provate di essere la maggioranza, provate di essere non solo potenzialmente, ma anche in atto, la forza capace di reggere le sorti del paese. E noi vi lasceremo il posto pacificamente». Parole che a noi, abituati a vedere nel governo qualcosa di sfingico, astratto completamente dal paese e da ogni polemica viva su idee e fatti, sembrano strabilianti.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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