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      Il raggiungimento di questa società modello era un postulato del positivismo filosofico, della filosofia scientifica. Ma questa concezione non era scientifica, era solo meccanica, aridamente meccanica. Ne è rimasto il ricordo scolorito nel riformismo teorico (però anche la Critica sociale non si chiama piú: Rivista del socialismo scientifico) di Claudio Treves, un balocco di fatalismo positivista le cui determinanti sono energie sociali astratte dall'uomo e dalla volontà, incomprensibili e assurde: una forma di misticismo arido e senza scatti di passione dolorante. Era questa una visione libresca, cartacea della vita; si vede l'unità, l'effetto, non si vede il molteplice, l'uomo di cui l'unità è la sintesi. La vita è per costoro come una valanga che si osserva da lontano, nella sua irresistibile caduta. Posso io fermarla?, si domanda l'homunculus: no, dunque essa non segue una volontà. Perché la valanga umana obbedisce ad una logica che caso per caso può non essere la mia individuale, ed io individuo non ho la forza di fermarla o di farla deviare, mi convinco che essa non ha una logica interiore, ma ubbidisce a delle leggi naturali infrangibili.
      È avvenuta la débâcle della scienza, o per meglio dire, la scienza si è limitata ad assolvere il solo compito che le era concesso; si è perduta la cieca fiducia nelle sue deduzioni ed è quindi tramontato il mito che essa aveva contribuito potentemente a suscitare. Ma il proletariato si è rinnovato; nessuna delusione vale ad essiccare la sua convinzione, come nessuna brinata distrugge il virgulto ricolmo di succhi vitali.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





Critica Rivista Claudio Treves