Ha socchiuso ora un altro sportello: quello della vita, la bocca del forno, la porta del magazzino granario. Lo chiuderà del tutto? La domanda angosciosa si propaga nelle lunghe file di donne che fanno coda alle cinque del mattino dinanzi alle panetterie. Raggiunge tutti, anche i piú umili strati della passività sociale; bussa e scuote i pilastri stessi della vita. E la ganga si metallizza; tutti vivono, tutti si nutrono: le sorgenti della vita si disseccano, e la passività si organizza in pensiero per difendersi.
Hanno per tre anni goduto la fiducia di una piccola parte attiva della società: hanno disciplinato esteriormente la immensa passività sociale, gli indifferenti: l'altra parte attiva, che non soffre esteriorità, non ha concesso la sua fiducia, la sua collaborazione. Ora anche l'immensa passività si organizza in pensiero, si disciplina, non secondo schemi esteriori, ma secondo le necessità della sua vita propria, del suo pensiero nascente. Non c'è bisogno dell'accordo dell'armonia prestabilita. Se, come Leibniz, paragoniamo i numeri di questa umanità nascente agli orologi di una bottega da orologiaio, osserviamo lo stesso atto: l'armonia prestabilita, il segnare tutti la stessa ora, il pensare tutti la stessa cosa, l'essere tutti assillati da uno stesso turbamento, non risulta da un accordo, da uno scambio di volontà. Il disagio è l'orologiaio che fa scattare insieme tutte le molle, che imprime un movimento sincrono a tutte le lancette. Il disagio è l'orologiaio che ha creato un'unità sociale nuova, con stimoli nuovi, non esteriori, ma interiori.
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Leibniz
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