Ma ha avuto anche testimonianze di ammirazione indimenticabili.
Non potevano mancare gli sfoghi dei primi. Le mezze coscienze odiano i forti, non solo per avversione di idee, ma anche per il solo fatto che sono forti, e mettono in maggior rilievo l'altrui incapacità.
Del resto, non bisogna turbarsi per l'odio, come non bisogna esaltarsi per l'ammirazione. L'odio e l'ammirazione non producono. La vita solo produce: la vita che è azione disciplinata, che è fermo proposito, che è volontà sicura e indomabile, che è servizio oscuro dell'individuo per la collettività.
La vita di ogni giorno è ricominciata. All'eroismo succede il trito susseguirsi delle piccole cose quotidiane. È nella forza, nella tenacia con cui entro se stessi e nei rapporti con gli altri si vincono gli scoramenti, si ricrea l'organizzazione, si ritessono i fili innumerevoli che uniscono insieme gli individui di una classe. Osiamo dire che questo eroismo è piú produttivo dell'altro. Ha bisogno per essere attuato della continuità indefessa. Tutti gli italiani sono capaci dell'eroismo occasionale, teatrale, che può essere produttivo, ma può anche sembrare inutile spreco di energia. Il proletariato ha mostrato di essere superiore. È capace dell'uno e dell'altro. È un organismo sociale, è una complessità di vita, che non dà solo sprazzi accecanti, ma sa anche diffondere attorno a sé la luce continua, dell'operosità minuta, incessante, che tempra alla lotta, che forma l'implacabile potenza del carattere, che mai smentisce se stessa, che dopo una caduta non rilassa i suoi tendini, ma si risolleva, piú numeroso di prima, meglio preparato di prima, perché piú esperto e piú agguerrito.
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