Certo grande è l'incultura della «nuova generazione». Ma probabilmente essa non è maggiore di quella della «vecchia guardia», e piú probabilmente ancora essa non coincide affatto con ciò che il Treves vuole intendere. La «nuova generazione» ha letto, per esempio, oltre che il Manifesto dei comunisti, anche il trattatello di Marx ed Engels sulla Critica critica e le è parso che i Bauer non siano ancora guariti dai loro vagellamenti pseudofilosofici ed arruffatori di concetti e di realtà. Ha letto e studiato anche i libri che in Europa sono stati scritti dopo la fioritura del positivismo, ed ha scoperto (ohibò, quanto piccola scoperta) che la sterilizzazione operata dai socialisti positivisti delle dottrine di Marx non è stata precisamente una grande conquista di cultura, e non è stata neppure (necessariamente) accompagnata da grandi conquiste di realtà.
Come è avvenuto che la Critica sociale sia divenuta la Critica critica? Per il fenomeno stesso per cui Marx sbeffeggiava i signori Bruno Bauer, Faucher e Szeliga, scrittori della Allgemeine Literaturzeitung: perché il Treves «al posto dell'uomo individuale realmente esistente» pone il «determinismo» o la «forza trasformatrice», cosí come Bruno Bauer poneva «l'autocoscienza». Perché il Treves, nella sua alta cultura, ha ridotto la dottrina di Marx a uno schema esteriore, a una legge naturale, fatalmente verificantesi all'infuori della volontà degli uomini, della loro attività associativa, delle forze sociali che questa attività sviluppa, diventando essa stessa determinante di progresso, motivo necessario di nuove forme di produzione.
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