La libertà economica si dimostrò subito dottrina di classe: gli strumenti di produzione, pur circolando, rimasero proprietà di una minoranza sociale; il capitalismo fu anch'esso un privilegio di pochi, che tendono a diventar sempre piú pochi, accentrando la ricchezza per sottrarsi cosí alla concorrenza col monopolio. La maggioranza dei diseredati cerca allora nell'associazione il mezzo di resistenza e di difesa dei propri interessi. Le libertà, concepite solo per l'individuo capitalista, devono estendersi a tutti. La concorrenza si amplia: oltre che di individui e di ceti borghesi, è anche di classi. Le associazioni proletarie educano gli individui a trovare nella solidarietà il maggiore sviluppo del proprio io, delle proprie attitudini alla produzione. L'organizzazione, per il proletariato, nel campo della sua classe, si sostituisce già necessariamente all'individualismo, assorbendo di questo ciò che di eterno e di razionale vi è contenuto: il senso della propria responsabilità, lo spirito di iniziativa, il rispetto degli altri, la convinzione che la libertà per tutti è sola garanzia delle libertà singole, che l'osservanza dei contratti è condizione indispensabile di convivenza civile, che gli sgambetti, le truffe, gli illusionismi finiscono col danneggiare anche chi se ne è servito. Ma l'associazione ha lo scopo precipuo di educare al disinteresse: l'onestà, il lavoro, l'iniziativa vi diventano fine a se stessi, procurano solo soddisfazione intellettuale, gioia morale negli individui, non privilegi materiali.
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