Dovremo esser lunghi, purtroppo, ma i lettori di buona volontà che ci seguiranno fino alla fine, si convinceranno che ne valeva la pena, si convinceranno che la polemica tra la direzione dell'Avanti! e i collaborazionisti supera l'angusto dominio di una scaramuccia sulla tattica parlamentare, sulla disciplina di partito, ed è il preludio di una formidabile battaglia in cui sono impegnati [una riga censurata] una ventina d'anni della prossima storia italiana.
Il nucleo centrale della disputa è questo, secondo le parole che La Stampa pone in bocca ai relativisti:
I partiti interventisti vanno mano a mano impadronendosi di tutti i poteri, di tutti i meccanismi dello Stato, presidiandoli e controllandoli direttamente e indirettamente. Essi, inoltre, si valgono di questo controllo sui poteri dello Stato, di questa progressiva «annessione» della potenza statale ai loro partiti — sino al punto di identificare la organizzazione stessa dello Stato con la loro organizzazione di partito — per indebolire, disarticolare, ridurre all'impotenza lo strumento politico della classe lavoratrice, che è il Partito socialista.
Cosí ragionano i collaborazionisti, e La Stampa plaude. Perché del fenomeno «annessionistico» prime e sole vittime sono Giolitti e il suo partito, perché il fenomeno «annessionistico» è l'inizio per l'Italia di una nuova forma di governo, che presuppone uno Stato di classe, dinanzi al quale tutti i partiti borghesi sono uguali, in uguali condizioni di partenza. È l'inizio di un'èra democratica, nata non per la buona volontà di uno o dell'altro partito, ma per l'inesorabile logica degli avvenimenti.
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