Il realismo collaborazionista è puro empirismo. Sta all'intransigenza come un flebotomo sta ad Augusto Murri.
La storia — secondo La Stampa — mostra come il contrasto tra due tesi sociali — cioè l'antitesi di classe — siasi sempre risolto in una sintesi, dalla quale è alienata sempre una parte di ciò che fu e nella quale entra sempre piú ciò che sarà finché l'utopia, attraverso graduali trasformazioni, diventa realtà e accoglie nella sua forma una nuova corrispondente costituzione sociale.
La storia mostra ciò, è vero, ma non mostra che la «sintesi», «ciò che sarà», sia stato già fissato anteriormente per contratto. Anticipare la sintesi storica è arbitrio puerile, ipotecare il futuro con un contratto di classi è empirismo, non è senso vivo della storia. Con parole piú facili abbiamo fatto nel Grido scorso lo stesso ragionamento:
Dei fini massimi (utopia) una parte si attua quotidianamente (ciò che sarà); questa parte non è fissabile a priori perché la storia non è calcolo matematico; questa parte è il risultato dialettico delle attività sociali in continua concorrenza di fini massimi. Solo se questi fini massimi sono perseguiti col metodo dell'intransigenza, la dialettica è storia e non arbitrio puerile, è risultato solido, e non sbaglio, che bisogni disfare e correggere.
Per dirla piú facilmente ancora: l'intransigente e il relativista dicono ambedue: per far scoccare la scintilla bisogna battere l'acciarino contro la selce. Ma mentre l'intransigente sta per battere, il relativista dice: sta' buono, la scintilla l'ho io in tasca.
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Augusto Murri La Stampa Grido
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