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      La politica del «se»(52)
     
      La politica del «se» ha molti seguaci in Italia; si può dire anzi che la maggioranza dei cittadini italiani che fanno professione di fede politica, che discutono i problemi della vita pubblica, nazionali o internazionali, non hanno altro criterio direttivo che il «se»; e se ne trovano bene, perché il «se» esime dal pensare e dallo studiare.
      La politica del «se» consiste nel non tener conto alcuno delle forze sociali organizzate, nel non dare importanza alcuna alle responsabilità legittime, liberamente accettate nell'assumere un potere, nel trascurare la ricerca della funzione, dei modi in cui si svolge l'attività economica e delle conseguenze necessariamente determinate da questi speciali modi nei rapporti culturali e di convivenza sociale. La politica del «se» non è pertanto che dominio della pigrizia mentale nei semplici cittadini che fingono di controllare i poteri responsabili e le energie libere operanti nella vita del paese, ed è dominio dell'irresponsabilità nei cittadini troppo leggermente sobbarcatisi alla responsabilità del potere; per essa infatti si trascurano le forze permanentemente attive nello svolgersi degli eventi umani e che continuano ad operare nonostante tutti i bei discorsi, e si ferma invece l'attenzione sul transeunte, sull'occasionale o su una energia libera che nella realtà ha importanza limitata. E si procede per ipotesi: «se» Tizio non avesse detto, «se» Caio avesse fatto, «se» il gruppo X avesse sostenuto questa verità sacrosanta.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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