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      Perché gli individui, nella loro maggioranza, compiono solo determinati atti? Perché essi non hanno altro fine sociale che la conservazione della propria integrità fisiologica e morale: cosí è che si adattano alle circostanze, ripetono meccanicamente alcuni gesti i quali, per la esperienza propria o per l'educazione ricevuta (risultato delle esperienze altrui), si sono dimostrati idonei a raggiungere il fine voluto: poter vivere. Questa rassomiglianza di atti della maggioranza produce una somiglianza di effetti, dà all'attività economica una certa struttura: nasce il concetto di legge. Solo il perseguire un fine maggiore corrode questo adattamento all'ambiente: se il fine umano non è più il puro vivere, ma il vivere qualificato, si compiono degli sforzi maggiori, e a seconda della diffusione del fine umano superiore si riesce a trasformare l'ambiente, si instaurano nuove gerarchie, diverse da quelle esistenti per regolare i rapporti tra i singoli e lo Stato, tendenti a sostituirsi permanentemente a queste per la realizzazione diffusa del fine umano superiore.
     
      Chi pone queste pseudo-leggi come qualcosa di assoluto, di estraneo alle volontà singole, e non come un adattamento psicologico all'ambiente, dovuto alla debolezza dei singoli (al non essere organizzati e quindi all'incertezza del futuro), non può immaginare che la psicologia possa mutare, che la debolezza possa diventare forza. Eppure cosí avviene, e la legge, la pseudo-legge si frange. Gli individui escono dalla loro solitudine e si associano.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





Stato