La disciplina dispotica si liquefece: un periodo di caos subentrò. Gli individui cercavano di organizzarsi, ma come? e come conservare l'unità umana creatasi nella sofferenza?
Il filisteo si fa avanti e risponde: la borghesia doveva ricondurre l'ordine nel caos, perché cosí sempre è successo, perché all'economia patriarcale e feudale succede sempre l'economia borghese e la Costituzione politica borghese. Il filisteo non vede salvezza fuori degli schemi prestabiliti, non concepisce la storia che come un organismo naturale che attraversa momenti fissi e prevedibili di sviluppo. Se tu semini una ghianda, sei sicuro che non può nascere altro che un germoglio di quercia, che lentamente cresce, e solo dopo un certo numero d'anni darà i frutti. Ma la storia non è un querceto, e gli uomini non sono ghiande.
Dov'era in Russia la borghesia capace di adempiere questo compito? E se il suo dominio è una legge naturale, come mai la legge non ha funzionato?
Questa borghesia non si è rivelata: pochi borghesi hanno cercato di imporsi e furono travolti. Dovevano vincere, dovevano imporsi anche se pochi, incapaci e deboli? Ma di quale santo crisma erano stati dunque unti gli infelici per dover trionfare anche perdendo? Il materialismo storico è dunque solo una reincarnazione del legittimismo, del diritto divino?
Chi trova Lenin utopista, chi afferma che il tentativo della dittatura proletaria in Russia è un tentativo utopistico, non può esser socialista consapevole, non costruí la sua cultura studiando la dottrina del materialismo storico: è un cattolico, è impaludato nel Sillabo.
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