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      Nello spiegare i fenomeni sociali e politici e nel fissare al partito la via da seguire in tutti i momenti della sua vita, non perdette mai di vista la molla piú potente di tutta l'attività economica e politica: la lotta di classe. Egli appartiene alla schiera dei piú fervidi e piú convinti assertori dell'internazionalismo del movimento operaio. Ogni azione proletaria deve essere subordinata o coordinata all'internazionalismo, deve poter avere carattere internazionalista. Qualunque iniziativa, in qualunque momento, sia pure transitoriamente, viene in conflitto con questo ideale supremo, deve essere combattuta inesorabilmente: perché ogni deviamento, per piccolo che sia, dalla strada che conduce direttamente al trionfo del socialismo internazionale è contrario agli interessi del proletariato, interessi lontani o immediati, e serve solo a inacerbire la lotta e a prolungare la dominazione della classe borghese.
      Egli, il «fanatico», l'«utopista», sostanzia il suo pensiero e la sua azione, e quella del partito, unicamente su questa profonda e incoercibile realtà della vita moderna, non sui fenomeni superficialmente vistosi, che conducono sempre i socialisti, che se ne lasciano abbacinare, verso illusioni ed errori che mettono a repentaglio la compagine del movimento.
      Perciò Lenin ha sempre visto trionfare le sue tesi, mentre quelli che gli rimproveravano il suo «utopismo» ed esaltavano il proprio «realismo», venivano miseramente travolti dai grandi avvenimenti storici.
     
      Subito dopo lo scoppio della rivoluzione e prima di partire per la Russia, Lenin aveva inviato ai compagni il monito: «Diffidate di Kerenski», gli avvenimenti che si sono poi svolti gli hanno dato piena ragione.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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