Questa è, purtroppo, la realtà, ed essa crea delle condizioni specifiche di vita. I dirigenti acquistano un'autorità ed un'importanza che non dovrebbero avere secondo lo spirito ugualitario ed essenzialmente democratico delle organizzazioni. I dirigenti deliberano essi, molto, troppo spesso, invece che essere, puramente e solamente, organi esecutivi e amministrativi; e, si badi, questo fatto noi escludiamo dipenda da volontà dispotica ed autocratica, riconosciamo essere una necessità, ma non perciò [lo] denunziamo meno e cerchiamo convincere che bisogna distrugger[lo]. La volontà perversa o buona dei singoli ci importa poco; ci importa l'insieme delle condizioni per le quali una volontà perversa può trionfare e una volontà buona può essere sopraffatta, snervata, corrotta.
Poiché cosí stanno le cose, il Patto d'alleanza stretto tra la Confederazione del lavoro e il partito, se ci rallegra come indizio di buona volontà individuale, non ci tranquillizza affatto e non ci induce all'inerzia. Le condizioni suddescritte continuano ad esistere, ad operare; gli enti direttivi della resistenza possono essere condotti da esse (ed escludiamo nelle persone ogni tortuosa cavillazione) a un ostruzionismo nei confronti del Patto, a sofisticazioni e obiezioni tali che in momenti decisivi, quando urge deliberare per uno spontaneo accordo determinato da somiglianza di volontà, il Patto si dissolva automaticamente e rimanga, residuo doloroso, uno strascico di polemiche velenose, deleterie per il movimento operaio.
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