Il Partito socialista ebbe momenti di enorme prestigio politico sulle masse, ma non riuscí (e non poteva riuscire) a suscitare organismi che permanentemente raccogliessero le grandi masse; le ribellioni delle folle erano fenomeni di individualismo piuttosto che di classe proletaria, erano rivolte contro lo Stato che dissangua la nazione con il fisco eccessivo, e non contro lo Stato riconosciuto espressione giuridica della classe proprietaria che impone il suo privilegio con la violenza.
Quattro anni di guerra hanno rapidamente mutato l'ambiente economico e spirituale. Maestranze colossali sono state improvvisate, e la violenza connaturata nei rapporti tra salariati e imprenditori apparve in modo vistoso e riconoscibile anche dalle intelligenze piú crepuscolari. E apparve non meno spettacolosamente come di questa violenza sia strumento lo Stato borghese, in tutti i suoi poteri e i suoi ordini: dal governo che si continua nei comitati di mobilitazione, nella questura, nei carabinieri, negli ufficiali di sorveglianza, all'ordine giudiziario che si presta alle violazioni statutarie promosse dai ministri democratici, al Parlamento elettivo che con la sua ignavia supina permette si faccia strazio delle libertà piú elementari.
L'incremento industriale è stato reso miracoloso con una tale saturazione di violenza di classe. Ma la borghesia non ha potuto evitare di offrire agli sfruttati una terribile lezione pratica di socialismo rivoluzionario. Una coscienza nuova, di classe, è sorta; e non solo nell'officina, ma anche nella trincea, che offre tante condizioni di vita simili a quelle dell'officina.
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