Non era possibile conciliare due forze come lo Stato laico e il cattolicismo assolutamente irriducibili. Perché il cattolicismo si subordinasse allo Stato laico, sarebbe stato necessario un atto di umiliazione dell'autorità pontificia, una rinunzia alla vita da parte della gerarchia ecclesiastica: solo con la forza e con l'audacia lo Stato avrebbe realizzato la sua volontà, con la dissoluzione degli istituti giuridici ed economici che potenziano socialmente il cattolicismo. Il partito liberale non ebbe l'audacia e la forza che sarebbero state necessarie: la tattica dittatoriale della Destra non dette i risultati sperati, e lo Stato italiano minacciò spesso di scompaginarsi per le reazioni violente popolari alla sua politica. Il partito liberale divenne opportunista, mandò in soffitta le sue ideologie e i suoi programmi concreti, si frantumò in tante cricche quanti sono i centri mercantili italiani, divenne vespaio di congreghe elettorali e di agenzie per il collocamento e la felice carriera di tutti gli sfaccendati e di tutti i parassiti. Cosí snaturato e corrotto, senza unità e gerarchia nazionale, il liberalismo fini col subordinarsi al cattolicismo, le cui energie sociali sono invece fortemente organizzate e accentrate e posseggono, nella gerarchia ecclesiastica, una ossatura millenaria, salda e preparata a ogni forma di lotta politica e di conquista delle coscienze e delle forze sociali: lo Stato italiano divenne l'esecutore del programma clericale, e nel patto Gentiloni culmina un'azione subdola e tenace per ridurre lo Stato a una vera e propria teocrazia, per sottoporre l'amministrazione pubblica al controllo indiretto della gerarchia ecclesiastica.
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