Gli interessi e gli uomini trascinano con sé le ideologie: lo Stato assorbe il mito religioso, tende a farsene uno strumento di governo, atto a respingere gli assalti delle forze nuove, assolutamente laiche, organizzate dal socialismo.
La guerra ha accelerato questo processo d'intima dissoluzione del mito religioso e delle dottrine legittimiste proprie della gerarchia ecclesiastica romana: la guerra ha accelerato vertiginosamente il processo di sviluppo storico dello Stato laico e liberale sorto appunto come antitesi del legittimismo romano pontificio. L'ideologia cattolica è percorsa da correnti nuove riformistiche che trovano espressione anche nei più eminenti assertori delle dottrine politiche romane: il marchese Filippo Crispolti pizzica il colascione per inneggiare al presidente Wilson; un manifesto delle organizzazioni cattoliche afferma che la vittoria dell'Intesa è vittoria del cristianesimo (senza aggettivi) contro il luteranesimo autoritario e qualifica di «negazione di Dio» la cattolicissima Austria, perché illiberale, perché lo Stato non vi era costruito sul consenso dei governati. Ora, il cristianesimo del presidente Wilson — in quanto può aver dato forma ed ispirato programmi politici e fini generali, di moralità pubblica nazionale ed internazionale, proposti ai popoli — è puro calvinismo. Il papa e le dottrine cattoliche non hanno (e non potevano avere) contribuito per nulla alla ideazione del programma wilsoniano: il papa si è rivolto sempre ai sovrani, non ai popoli, all'autorità, legittima sempre per lui, non alle moltitudini silenziose; mai il pontefice romano avrebbe lanciato ai popoli l'incitamento alla ribellione contro i poteri costituiti degli Stati dinastici e militaristi, che esprimevano la forma di società propria delle dottrine politiche cattoliche.
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