Studia i «fatti» e trascura gli «uomini»; i processi storici sono visti come regolati da leggi perpetuamente simili, immanenti alla realtà dell'economia che è concepita avulsa dal processo storico generale della civiltà. La produzione e lo scambio delle merci vi diventano fine a se stessi; si svolgono in un meccanismo di cifre rigide e autonome, che può venir «turbato» dagli uomini, ma non ne è determinato e vivificato. Questa scienza è, insomma, uno schema, un piano prestabilito, una via della provvidenza, una utopia astratta e matematica, che non ha mai avuto, non ha e non avrà mai riscontro alcuno nella realtà storica. I suoi addetti hanno tutta la mentalità dei sacerdoti: sono queruli e scontenti sempre, perché le forze del male impediscono che la città di Dio venga da loro costruita in questo basso mondo.
Accusano Marx di astrattismo perché le sue teorie del plusvalore evadono dal dominio del rigore scientifico. Rigore scientifico significa formulario della dottrina scientifica. Marx stabilisce un paragone tra l'economia capitalistica e il comunismo: un paragone, che è arbitrario, perché il comunismo è un'ipotesi vana senza soggetto. Ma tutta l'economia liberale non è un paragone tra la realtà antiscientifica e uno schema dottrinario? Dove esiste la perfetta società liberale? Quando si è realizzata nella storia del genere umano? E se non si è realizzata, non significa che è irrealizzabile, che riveste i caratteri rivelatori dell'utopia? Ma essa verrà, dicono i sacerdoti.
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Dio Marx
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