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      Abbiamo voluto commemorare, nel numero scorso, il primo centenario della nascita di Walt Whitman (31 maggio 1819) nel modo piú degno: traducendo e stampando uno dei piú bei canti del grandissimo poeta americano A un rivoluzionario vinto d'Europa.
      L'ufficio torinese revisione stampa ha imbiancato inesorabilmente la poesia: ci ha imposto persino di sopprimere la nota bibliografica nella quale offendevamo le leggi statutarie e i decreti della patria scrivendo che la poesia era stata pubblicata la prima volta nel 1856 col titolo Inno di libertà per l'Asia, l'Europa, l'Africa e l'America e ripubblicata poi, con aggiunte e correzioni, negli anni 1867 e 1871, col titolo A un rivoluzionario vinto d'Europa.
      I delegati di pubblica sicurezza, gli avvocati e i giornalisti smessi che esercitano l'ufficio di censura per delegazione dello Stato democratico-parlamentare-burocratico-poliziesco, non sono tenuti a sapere che Walt Whitman non è mai stato un agitatore, un uomo d'azione, un «sobillatore», per il quale la poesia fosse un mezzo di propaganda rivoluzionaria; essi hanno offeso la poesia, hanno sconciamente ingiuriato la bellezza e la grazia. Come scimmie ubbriache si sono sfogate oscenamente sulla bellezza, sulla pura creazione della fantasia artistica. Non riusciamo a vincere l'ira che ci gonfia il petto nel ricordare questa miserabile azione dei censori, per scriverne ora. Tanto piú l'ira ci vince, in quanto pensiamo al pregiudizio, diffuso tra i cosiddetti intellettuali, che il movimento operaio e il comunismo siano nemici della bellezza e dell'arte.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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