La fraseologia virulenta degli agitatori anarchici ha facile presa su queste coscienze istintive e antelucane; ma niente di profondo e di permanente crea la fraseologia pseudo-rivoluzionaria. E chi domina, chi imprime alla storia il ritmo del progresso, chi determina l'avanzata sicura e incoercibile della civiltà comunista, non sono i «ragazzacci», non è il Lumpenproletariat, non sono i bohémiens, i dilettanti, i romantici capelluti e frenetici, ma sono le masse profonde degli operai di classe, i ferrei battaglioni del proletariato consapevole e disciplinato.
Tutta la tradizione liberale è contro lo Stato.
La letteratura liberale è tutta una polemica contro lo Stato. La storia politica del capitalismo è caratterizzata da una continua e furiosa lotta tra il cittadino e lo Stato. Il Parlamento è l'organo di questa lotta; e il Parlamento tende appunto ad assorbire tutte le funzioni dello Stato, cioè a sopprimerlo, svuotandolo di ogni potere effettivo poiché la legislazione popolare è rivolta a liberare gli enti locali e gli individui da ogni servitù e controllo del potere centrale.
Questa azione liberale rientra nell'attività generale del capitalismo rivolto ad assicurarsi più solide e garantite condizioni di concorrenza: La concorrenza è la nemica piú acerrima dello Stato. La stessa idea dell'Internazionale è d'origine liberale; Marx la assunse dalla scuola di Cobden e dalla propaganda per il libero scambio, ma criticamente. I liberali sono impotenti a realizzare la pace e l'Internazionale, perché la proprietà privata e nazionale genera scissioni, confini, guerre, Stati nazionali in conflitto permanente tra di loro.
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