E per la sua natura, lo Stato socialista domanda una lealtà e una disciplina diverse ed opposte a quelle che domanda lo Stato borghese. A differenza dello Stato borghese che è tanto piú forte all'interno e all'esterno quanto meno i cittadini controllano e seguono l'attività dei poteri, lo Stato socialista domanda la partecipazione attiva e permanente dei compagni alla vita delle sue istituzioni. Bisogna inoltre ricordare che lo Stato socialista è il mezzo per mutamenti radicali, non si muta di Stato con la semplicità con cui si muta il governo. Un ritorno alle istituzioni passate vorrà dire la morte collettiva, lo sfrenarsi di un terrore bianco senza limiti di sangue: nelle condizioni create dalla guerra, la classe borghese avrebbe interesse a sopprimere con le armi i tre quarti dei lavoratori, per ridare elasticità al mercato dei viveri e rimettersi in condizioni privilegiate nella lotta per la vita agiata cui ha fatto l'abitudine. Non possono essere ammessi pentimenti di nessuna specie, per nessuna ragione.
Dobbiamo fin da oggi formarci e formare questo senso di responsabilità tagliente e implacabile come la spada di un giustiziere. La rivoluzione è una cosa grande e tremenda, non è un gioco da dilettanti o una avventura romantica.
Vinto nella lotta di classe, il capitalismo lascerà un residuo impuro di fermentazioni antistatali o che si diranno tali perché individui e gruppi vorranno esonerarsi dai servigi e dalla disciplina indispensabili al successo della rivoluzione.
Caro compagno Petri, lavoriamo a evitare ogni urto sanguinoso tra le frazioni sovversive, a evitare allo Stato socialista la necessità crudele di imporre con la forza armata la disciplina e la fedeltà, di sopprimere una parte per salvare il corpo sociale dallo sfacelo e dalla depravazione.
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