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      Infatti, se il sindacato può solo dare agli operai «pane e burro», se il sindacato può solo, in regime borghese, assicurare uno stabile mercato dei salari e può eliminare alcune delle alee piú pericolose per l’integrità fisica e morale dell’operaio, è evidente che la pratica riformista meglio di quella pseudo-rivoluzionaria ha ottenuto questi risultati. Se a uno strumento si domanda piú di quanto può dare, se si fa credere che uno strumento possa dare di piú di quanto la sua natura consente, si commettono solo spropositi, si esplica un’azione puramente demagogica. I sindacalisti pseudo-rivoluzionari d’Italia sono condotti spesso a discutere se non convenga fare del sindacato (per esempio, del sindacato ferroviario) un cerchio chiuso, comprendente solo i «rivoluzionari», la minoranza audace che trascini le masse fredde e indifferenti; essi cioè sono condotti a rinnegare il principio elementare del sindacalismo, l’organizzazione di tutta la massa. Perché intimamente e inconsapevolmente intuiscono l’inanità della «loro» propaganda, l’incapacità del sindacato a dare una forma concretamente rivoluzionaria alla coscienza dell’operaio. Perché non si sono mai prospettati con chiarezza e precisione il problema della rivoluzione proletaria, perché, essi, i seguaci della teoria dei «produttori» non hanno mai avuto coscienza di produttori; essi sono dei demagoghi, non dei rivoluzionari, degli agitatori di... sangue messo in tumulto dal fuoco fatuo dei discorsi, non degli educatori, non dei formatori di coscienze.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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