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      i sindacati cattolici di contadini; essi stanno ai lavoratori della terra confederati nello stesso rapporto degli operai dell’Unione sindacale agli operai confederati: masse di elementi proletari arretrati, che introducono nel sindacalismo principi estranei o contraddittori (la religione; la vaga e caotica aspirazione libertaria);
      leghe di contadini e Camere del lavoro sparse qua e là in tutta l’Italia, ma specialmente nell’Italia meridionale e nelle isole; esse sono una caratteristica della mancanza di coesione dell’apparato economico e politico nazionale; sono nate per spinta individuale, e vivacchiano alla giornata, esaurendo la loro attività in movimenti caotici e senza indirizzo permanente concreto;
      leghe proletarie dei mutilati e reduci di guerra, associazioni libere di reduci ed ex combattenti; rappresentano il primo, grandioso tentativo di organizzazione delle masse contadine;
      il movimento corporativo, in queste sue varie tendenze e forme, ha concentrato una massa di almeno sei milioni di lavoratori italiani (corrispondenti a circa venticinque milioni della popolazione nazionale) e ha determinato la sparizione dal campo economico del «libero» lavoratore, ha determinato cioè la paralisi del mercato capitalistico del lavoro. La conquista delle otto ore e dei minimi di salario sono dipendenti da queste condizioni generali del mercato del lavoro. L’ordine capitalistico di produzione ne è stato profondamente turbato, la «libertà» di sfruttamento, la libertà di prelevare plusvalore dalla forza-lavoro (profitto o rendita al capitalista e al proprietario fondiario, imposte per lo Stato, tributo ai giornali e ai sicari delle casseforti) è stata limitata, è stata sottoposta in modo indiretto, sia pure, al controllo proletario; le basi economiche dell’organizzazione capitalistica, che culmina nell’associazione piú alta del capitalismo, lo Stato parlamentare-burocratico, è stata disgregata, per il sabotaggio della fonte prima della potenza capitalistica: la libertà di prelevare plusvalore.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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