Se uno Stato operaio non assicura ai contadini l’immunità dagli assalti predaci del capitalismo e dell’alta finanza, la guerra sarà pagata attraverso una «grandiosa» rivoluzione agraria condotta dallo Stato borghese e dalle minori organizzazioni capitalistiche: la introduzione delle macchine nell’agricoltura, con l’espropriazione dei contadini e la loro riduzione al rango di operai agricoli salariati, senza esperienza sindacale e quindi piú duramente sfruttati ed espropriati della loro ricchezza di forza-lavoro che non siano gli operai dell’industria urbana. Progredire nella via della rivoluzione fino alla espropriazione degli espropriatori e alla fondazione di uno Stato comunista è interesse immediato dei due ordini piú numerosi della classe dei produttori italiani: significa per gli operai di città conservare le conquiste attuate finora e non vederle travolte in una bancarotta dell’apparato di produzione industriale e in uno scompaginarsi della società fino al disordine e al terrorismo in permanenza, senza sbocco prevedibile; oltre al significare la presa di possesso dell’apparecchio di produzione nazionale per rivolgerlo al fine del benessere e del miglioramento spirituale della classe lavoratrice: significa per i contadini conservare la terra conquistata, ampliare i propri fondi, liberare la terra dai gravami ipotecari e fiscali capitalistici e iniziare la rivoluzione industriale coi metodi e i sistemi comunistici, in stretta collaborazione con gli operai urbani.
Gli operai e contadini d’avanguardia hanno intuito queste necessità immanenti nella situazione economica attuale, nell’equilibrio catastrofico delle forze e degli organismi di produzione.
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