Nell’ottobre 1917 il comitato esecutivo del Congresso dei Soviet, mentre ancora era in piedi il governo di Kerenski, dava ordini che erano eseguiti da masse di operai e contadini ordinati e organizzati in modo ferreo, chiamava sulla piazza e dirigeva i movimenti di reggimenti intieri, di intiere maestranze d’officina inquadrate e armate, era a capo insomma di un apparecchio che agiva con la precisione e la regolarità implacabile di una macchina.
Sarebbe assurdo pretendere oggi, in Italia, di non muoversi prima di essere giunti a questo punto, ma bisogna cercare di giungervi attraverso all’esperienza di movimenti come quello del 2 e 3 dicembre e altri simili che indubbiamente succederanno a questo. Questi movimenti debbono servire a spezzare il legame apparentemente legalitario che ancora tiene unita la maggioranza della popolazione nella forma degli istituti borghesi, debbono rendere fluida la massa umana che ancora si adagia, per abitudine o per timore, nel vecchio schema sociale; debbono servire a imporre a tutti il problema di prepararsi a fare la rivoluzione.
Non abbiamo avuto e non avremo forse una rivoluzione di marzo che ci apra la via, iniziando il periodo degli sconvolgimenti, dell’incertezza, del contrasto aperto al di fuori dell’orbita legale tra le forze che vogliono dominare il mondo della economia e della politica. La azione parlamentare negativa può e deve sostituire negli effetti questo strappo iniziale. Perciò i movimenti di piazza sono una sua integrazione necessaria.
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