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E intanto, bisogna porsi anche il problema cui accennavo prima, il problema del «poi», il problema che ci si sarebbe imposto ieri, se i fatti di Mantova fossero capitati a Milano o a Torino, dove esiste una massa di operai rivoluzionari che è disposta ad andare fino in fondo. È una ipotesi, ma, se siamo dei rivoluzionari, dobbiamo ben fare anche questa ipotesi, che un giorno o l’altro la rivoluzione possa riuscire...
Lotta di classe, guerra di contadiniIl caso ha voluto che le giornate di sciopero generale e di gravi tumulti in tutta l’Italia superiore o media coincidessero con lo scoppio spontaneo di una insurrezione di popolo in una zona tipica dell’Italia meridionale, nel territorio di Andria. L’attenzione che si è prestata alla insurrezione del proletariato delle città contro quella parte della casta piccolo-borghese che ha acquistato durante la guerra una fisionomia militaristica, e ora non vuol perderla, e contro la polizia, ha deviato gli sguardi da Andria, ha impedito che si desse l’esatto rilievo agli avvenimenti di laggiú, che essi fossero apprezzati nel loro giusto valore. Noi speriamo di poter fornire ai nostri lettori importanti dati di osservazione diretta delle cause e dello svolgimento dei fatti, e ci limitiamo per ora a notare come il caso, facendo coincidere le due sommosse, abbia fornito quasi un modello di ciò che dovrà essere la rivoluzione italiana.
Da una parte il proletariato nel senso stretto della parola, cioè gli operai dell’industria e dell’agricoltura industrializzata, dall’altra i contadini poveri: ecco le due ali dell’esercito rivoluzionario.
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