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      La propaganda del Partito socialista insiste oggi su queste tesi inconfutabili:
      I rapporti tradizionali di appropriazione capitalistica del prodotto del lavoro umano sono stati radicalmente mutati. Prima della guerra, il lavoro italiano consentiva, senza gravi scosse repentine, la appropriazione, da parte dell’esigua minoranza capitalistica e da parte dello Stato, del 60 per cento della ricchezza prodotta dal lavoro, mentre le decine di milioni di popolazione lavoratrice dovevano accontentarsi, per soddisfare le esigenze della vita elementare e della superiore vita culturale, di uno scarso 40 per cento. Oggi, dopo la guerra, si verifica questo fenomeno: la società italiana produce solo la metà della ricchezza che consuma; lo Stato addebita al lavoro futuro somme colossali, cioè rende sempre piú schiavo della plutocrazia internazionale il lavoro italiano. Ai due prelevatori di taglie sulla produzione (i capitalisti e lo Stato) se ne è aggiunto un terzo, puramente parassitario: la piccola borghesia della casta militare-burocratica formatasi durante la guerra. Essa preleva appunto quella metà di ricchezza non prodotta che viene addebitata al lavoro futuro: la preleva direttamente come stipendi e pensioni, la preleva indirettamente perché la sua funzione parassitaria presuppone l’esistenza di tutto un apparato parassitario. Se la società italiana produce solo 15 miliardi di ricchezza mentre ne consuma 30, e questi 15 miliardi sono prodotti da otto ore di lavoro quotidiano delle decine di milioni di popolazione lavoratrice che riceve 6-7 miliardi di salario, il bilancio capitalistico può essere normalmente riassestato in un solo modo: costringendo le decine di milioni di popolazione lavoratrice, per la stessa massa di salario, a dare una, due, tre, quattro, cinque ore di lavoro in piú, di lavoro non pagato, di lavoro che vada a impinguare il capitale, perché riacquisti la sua funzione di accumulamento, che vada allo Stato perché paghi i suoi debiti, che consolidi la situazione economica della piccola borghesia pensionata e la premi dei servizi resi con le armi, allo Stato e al capitale, per costringere la popolazione lavoratrice a schiattare sulla macchina e sulla zolla di terra.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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